Lettera d'amore al calcio di Paride Nicastro

Riporto qui un post che ci ha dedicato su facebook un nostro caro ascoltatore del podcast Distinti Nord-Ovest, sperando di vederlo con noi sul forum quanto prima. Un caro saluto Paride, sono queste le attestazioni di stima che ci fanno capire che stiamo andando nella direzione giusta.

Ero piccolo, avevo due anni o poco più e da Rieti approdai a quella che considero la mia città: Ascoli Piceno. Prima di trasferirmi a Maltignano per due anni e mezzo ho vissuto in via Erasmo Mari. Ricordo che quando l'Ascoli vinceva passava un'auto piena di tifosi; sempre i soliti, uno aveva capelli lunghi neri e barba e tutti portavano magliette o sventolavano bandiere bianconere. Gridavano, cantavano e suonavano il clacson e io e il mio fratellino Gigi guardavamo con gioia e allegria e imparammo a tifare Ascoli perché ci piaceva quel siparietto... Ho dolci ricordi anche della grande A bianconera che vedevo quando a volte accompagnavamo papà a lavoro con la macchina e poi ho ricordi vividi del periodo in cui mio padre faceva il fisioterapista per l'Ascoli calcio femminile, anch'essa in serie A; ricordo le partite viste al Del Duca, a volte a bordo campo, le trasferte in pullman, le bistecche e l'incontro con zii e cugini a Milano...

Scoprire di non avere i piedi buoni, capire che del calcio guardavo più la bellezza di alcune calciatrici piuttosto che delle giocate e poi essere cresciuto a Maltignano, terra di confine con l'Abruzzo mi fecero raffreddare un po' e poi il resto lo fece mamma che si raccomandava a papà di non portarci allo stadio perché c'era stata la tragedia con il Liverpool e quella ad Ascoli. Arriva l'adolescenza: Musica, ragazze, viaggi e cinema sembravano avermi completamente allontanato dal calcio e poco importa se ho studiato con il mitico Enzo Titta o se papà curava l'arbitro Cinciripini e io stesso per un periodo breve ho fatto l'arbitro (anche lì senza talento). Poco importa se lavoravo in Corso Vittorio Emanuele proprio quando l'Ascoli tornò in serie A e spesso nelle cene della "via" parteciparono calciatori come Foggia e Carboni... Niente L'Ascoli e il calcio in generale non riuscivano più ad appassionarmi e non ne conoscevo la storia, le regole, la ricchezza tattica ne i protagonisti se non qualche nome tramite le figurine panini oppure quelli di cui sentivo parlare spesso al bar tipo Casagrande, Bierof, il fratello bluff di Maradona o il mitico e indimenticabile Costantino Rozzi che quando feci il militare scoprii essere amato e conosciuto in tutta Italia. Tramite il mio amico Francesco ho conosciuto e passato fantastiche serate in compagnia di Ivan Lanni di cui conservo un bellissimo ricordo oltre che i guanti autografati che ha regalato a mio figlio ma anche lì non sono mai andato a vederlo allo stadio. Destino vuole che mio figlio grazie all'influenza dello zio Tony (che una mia ex ragazza, lei si tifosa portava allo stadio al posto mio quando lui era ancora quasi un bambino) mi diventi tifoso e che poi in canile si innamori di un simpatico cagnolino bianco e nero prontamente ribattezzato Picchio ma io rimanevo comunque neutro e freddo; se gridavo forza Picchio era solo per far correre il cagnolino da me e se seguivo qualche partita erano solo quelle dei mondiali per potermi poi buttare nella fontana o mettermi a ballare mezzo nudo sul tavolo del Caffe Invidia dopo aver visto la finale insieme ad amici e colleghi nella mia incarnazione di agente immobiliare atipico...

Poi un giorno è arrivato questo meraviglioso podcast: Calzetti rossi di Marco Travaglini e compagni e all'improvviso sento crescere la voglia di conoscere, capire, sapere e di andare allo stadio a tifare, soffrire, gridare, gioire e cantare: "Ascoli sei grande"

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